Qui è tutto dovuto e voluto.
Noi siamo in competizione con la Cina (da sempre).
L’Italia sì, ma anche tutta l’Europa, con la Cina e con tutta l’Asia, la Russia, contro gli USA, l’Africa, e ovunque ci siano degli esseri umani che vogliono, presto o tardi, avvalersi degli stessi diritti che abbiamo noi.
É una guerra economico-sociale.
Combattiamo ogni giorno per produrre a costi sempre più bassi, nel frattempo spendiamo per mantenere a galla la nostra economia interna, paghiamo tasse per mantenerci una casta di finti eletti e veri privilegiati, che non prende decisioni e non risolve problemi, se non per difendere il proprio orto e status.
È una piaga metropolitana.
Nel frattempo pensiamo di poter vincere perché la nostra qualità è superiore. Oggi si chiama nazionalismo, parte da un polo per raggiungere l’altro, ma invade ogni angolo delle nostre città. Persino nel villaggio più sperduto il nazionalismo patriottico di squadra vince su tutto.
Sappiamo, speriamo, pensiamo, ci arroghiamo il diritto, di essere più intelligenti e preparati. Siamo solo presuntuosi, questo è quello che penso.
Anche davanti all’evidenza dei fatti, oggi o ieri, non ha importanza, non ci arrendiamo e portiamo avanti un vessillo sempre più pesante ed osteggiato.
L’Europa, l’Euro, la finanza internazionale, le scommesse e la speculazione.
Non bastasse, da tanti anni ormai siamo entrati a far parte di una economia e di un mercato globali, pagandone le spese amaramente. Chi è estremamente ricco può scommettere contro di noi o a nostro favore, a sua totale discrezione o solleticato da un rating piuttosto che l’altro. I ricchissimi decidono questa valutazione, come si decide la quotazione di un cavallo dentro un box.
Abbiamo dato in mano alla collettività il nostro valore, lasciando che siano i padroni di questa a decidere indifferentemente da quel che valiamo realmente.
Il terrore della decrescita non può essere compensato dalla gioia dello sviluppo e dell’evoluzione sociale.
Questo significa che non abbiamo più via di scampo. Purtroppo se volessimo uscirne dovremmo perdere tutti i nostri diritti per almeno altri 10-20 anni, mentre gli altri continuerebbero a crescere.
L’economia e la finanza non hanno scampo davanti all’evidenza.
Noi neppure.
Questo sistema è fallito, ma chi se ne sta bellamente godendo i frutti non mollerà mai chiaramente.
Quello che è più stupefacente, mi sorprende sempre più, è che noi non facciamo nulla e aspettiamo che qualcuno lo faccia per noi. Anche quelli che sanno, si limitano a dare piccoli colpi al ginocchio di questa forma di potere, di più non possono fare, per paura forse di far cadere l’unica realtà che conoscono.
Un tunnel profondo.
Sarebbe egualmente complicato uscire da tutto questo, ma almeno avremmo un obiettivo reale, un risultato in fondo al tunnel, un futuro speranzoso e pieno di gloria, oltre che di benessere.
Ma la vita è purtroppo questa, lo abbiamo dimostrato ampiamente: occuparsi delle proprie faccende aspettando di invecchiare, senza curarsi di se e come stiamo avanzando. Collezionare beni materiali, il tutto e quindi il niente. Perché quando sai tutto in realtà non sai niente. Quando hai tutto è impossibile tenerlo sotto controllo. Preoccuparsi del futile vivere fine a se stesso.
Il senso della vita qual’è?
A parer mio invece la vita, o almeno il suo senso intrinseco, è aspirare a migliorarsi e fare di tutto per portare a termine questo progetto. Evolversi ad una società migliore, a persone migliori, crescere arricchendosi di beni immateriali e senza prezzo, come la cultura e il saper fare. Il know-how.
La vera crescita.
Imparare, crescere, migliorarsi, avanzare ad un nuovo stadio di coscienza, provare sempre cose nuove, ogni volta tutto con differente e rinnovata curiosità, ogni volta un risultato diverso, un maggiore arricchimento a se stessi e al mondo che ci circonda, indirettamente a tutti gli altri.
Come dentro uno Space Shuttle, solo dentro Matrix, mi sento osservatore non privilegiato.
Relegato nel mio laboratorio di vita, osservo il mondo che mi circonda e mi chiedo se sia giusto fregarsene, così. Tutti vogliono tutto, ma in realtà non desiderano particolarmente niente. Continuano così, ad aspettare la morte allegramente, senza amare a fondo quasi nulla del loro tutto.
Mi sento spesso il primo dei colpevoli, dal mio punto di vista.
Senza scusanti! Non posso quindi fare la morale a nessuno, ci mancherebbe. Rilevo però nella mia analisi un senso della vita veramente basso, se in fin dei conti il desiderata massimo della società è l’accumulo di beni e non di conoscenze, con una cultura relegata a qualche ora della settimana.
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