Fibra ottica

Fibra ottica

FTTH, FTTC, VDSL, HDSL, ADSL, 4G, 5G, fixed wireless…

Molte sigle e abbastanza confusione. Decine di offerte tutte uguali dagli operatori di telefonia che promettono Fibra ottica ai clienti, ma nella realtà dei fatti è VDSL2. Tanto che ormai neppure gli operatori sanno sfoltire la matassa.
Il 30% delle famiglie italiane è coperto da reti in fibra (FTTH, fiber-to-the-home), secondo gli ultimi dati del’AGCOM, ma il numero degli abbonamenti è a dir poco sconfortante nonostante il piano BUL.
A marzo 2020 sono stati rilevati solo 1,34 milioni di accessi FTTH, contro gli 8,14 milioni di quelli VDSL (FTTC, fiber-to-the-cabinet -> VDSL2 da 20 a 200 Mbps) e 6,82 milioni delle DSL (<10 Mbps).
Complessivamente, mettendo in gioco tutte le tecnologie e quindi anche il fixed wireless (EOLO, Linkem, SAT, ecc.), il numero non supera le 19,47 milioni di unità ed è in progressivo calo da almeno tre anni.

Qual’è la realtà della connettività di rete in Italia?

A gennaio 2021 la situazione è pressoché invariata guardando la Broadband map indicators di AGCOM, questo nonostante le restrizioni Covid, quindi l’aumento dello smart working e l’avvento della DAD.
Fortunatamente per quel che riguarda le scuole il dato è un po’ più consistente, portando la percentuale di scuole connesse con FTTH al 17% nel 2021, ma è pressoché inutile al momento, visto che non c’è nessuno a sfruttare questo servizio. Questo però significa che i Comuni hanno un discreto potere di connettività a livello locale.
Probabilmente molti hanno abbandonato il residenziale e si accontentano dello smartphone, anche perché su una popolazione di circa 60 milioni in Italia circolano 78 milioni di SIM. Su questi numeri chiaramente anche gli operatori di telefonia hanno enormi margini.
Eppure un 15% di italiani vorrebbe avere la fibra in casa, avendone fatto esplicitamente richiesta (dati OpenFiber). Questo dato probabilmente salirebbe al 30% con il passaparola metropolitano, se ci fosse la disponibilità di connettività almeno nelle aree più densamente popolate.

Quindi, ricapitolando, rispetto al resto d’Europa siamo -come al solito- in coda.
La situazione dal 2019 ad oggi è pressoché in ascesa per il resto d’Europa, in discesa proporzionale per l’Italia.

La fibra c’è, ma perché gli italiani non si abbonano?

Il perché si accontentino di vedere Netflix a bassa risoluzione è un mistero, dato che la disponibilità di Fibra è molto alta, circa il 64% degli abitanti del paese ne ha la disponibilità.
Le connessioni misto rame-fibra spopolano, coprendo l’88,9% delle famiglie, poi ci sono le connessioni in rame che sono presenti dappertutto. La bizzarria di questo paese è che moltissimi sarebbero disposti a qualsiasi compromesso per avere connessioni veloci, ma altrettanti non sembrano proprio interessati.
Confrontando i due grafici, sopra e sotto, iDate per FTTH Council Europe ha rilevato a settembre 2019 un tasso di penetrazione per gli abbonamenti FTTH pari solo al 4% delle famiglie [vedi immagine sopra] e ipotizza un raggiungimento del 7.1% nel 2020, contro il 54,3% nel 2019 -> 62,3% nel 2020 della Spagna e una media UE di circa il 10% nel 2019 -> 20% nel 2020.

Se si considera anche il “cable”, ovvero l’ultra-broadband veicolato tramite la tv via cavo – che in Italia non c’è – la media europea sale al 17,1%. Si potrebbe supporre che all’estero l’FTTH sia molto più diffuso, e ciò parzialmente è vero, ma la media UE in tal senso è del 33%; noi siamo al 30%…

Come funziona quindi la connettività in Italia?

L’italiano tipo si abbona a Now TV, DaZN, Netflix, Amazon Prime Video, Sky Digital, Kodi, TIMVision, RaiPlay, Mediaset Play e Premium Online, Sky Go, Infinity, Spotify e per non farsi mancare nulla anche a Disney Channel. Usa anche dei giochi online. Collega alla rete pure la video sorveglianza e altre utility. Ha una trentina di app aperte sullo smartphone connesse alla rete e altrettante sul tablet. Compra Alexa, Google Assistant, Apple TV con Siri… infine si lamenta della scarsa qualità, della lentezza e dei disservizi, senza però pensare ad un upgrade della connettività.

Al momento della sottoscrizione della connessione internet, nel 2016/17/18, l’italiano medio sapeva benissimo di aver comprato una ADSL 20 mega che però va ‘quasi a 10 mega’ il più delle volte (non fidatevi di speedtest.net usate quello di Google), però poi nel tempo le sue dotazioni sono aumentate e le necessità di banda di rete sono divenute insufficienti. Oggi c’è Netflix in Ultra HD, ma l’italiano si ostina a guardarla in SD. Perché?

Disinformazione o ignoranza?

Una 10 mega basta si e no per una persona, per vedere un video di una qualità indegna sul tablet, perché dai 3/4 Mbps di un video a qualità scarsa (SD) si passa subito ai 6/12 Mbps della qualità media (HD) ai 20/25 Mbps dell’alta qualità (Ultra HD).

Con una 30 mega si può vedere l’HD, ma se si ha anche qualche smartcoso che gira sulla propria rete per aggiornamenti o servizi allora diventa impossibile e si passa automaticamente a SD.

Con la 100 mega sarà possibile vedere anche la massima qualità, ma già due dispositivi in casa possono far cadere di molto la qualità del segnale, soprattutto perché magari si è connesso il cellulare alla ricarica e questo scarica aggiornamenti, notifiche, rapporti di utilizzo al produttore, traffico traffico traffico, che intasa la rete di richieste e abbassa drasticamente la banda portante.
Quindi, anche una 100 mega per una famiglia di più di 2 persone potrebbe non essere sufficiente, soprattutto se uno dei due gioca in rete, risaputo che i giochi hanno bisogno di molta banda e consumano in fretta le risorse disponibili.

Rimane perciò la domanda. Ma allora perché gli italiani non aggiornano i propri contratti?

Sintomo probabilmente di delusioni e brutte esperienze in ambito connessioni rame precedenti, con gli operatori che promettevano fino a 20 mega con l’asterisco, mentre poi in realtà a quelle velocità ci si arrivava -forse- solo il primo gennaio alle 5 di mattina 🙂
Eppure continuano con vecchi abbonamenti da 25/30 euro mese e addirittura oltre, senza chiedere rivalutazioni e aggiornamenti al proprio operatore di telefonia, a fronte delle nuove tecnologie: stessi prezzi e migliori connessioni, magari basta solo cambiare il router o spostare un cavo in centralina, ad opera dei tecnici di rete della propria compagnia.
Si tratterebbe di spendere esattamente la stessa cifra, che magari nel frattempo è pure lievitata e comunque eccessiva per il servizio che si sta ricevendo. In questo modo a guadagnarci è l’operatore, che ha già ammortizzato gli investimenti da tempo, a rimetterci esclusivamente il cliente.

Ma veramente la situazione è così meschina e disarmante?

In diverse occasioni capita di parlare con i clienti della loro connettività. Sia per la necessità di accedere alla video-sorveglianza dall’esterno o per altri servizi simili. A parte le procedure burocratiche che servono per abilitare il servizio con alcune compagnie, la prima cosa che serve consultare è la bolletta per recuperare il codice. Quando il cliente mi ha detto “spendo meno di € 20,00 al mese”, 9 volte su 10 -bolletta alla mano- scopre di spenderne dai € 40,00 ai € 60,00/mese. La domiciliazione bancaria non aiuta di certo e delle bollette di solito se ne occupa l’amministrazione o direttamente la banca.

Chiamare l’operatore della nostra compagnia telefonica…

Gli italiani hanno -forse anche giustamente- paura di incappare nell’ennesima serie di telefonate al call-center e perdere tempo con la maggior parte di personale non propriamente specializzato/formato, a volte inetto. Magari finire in mano ad un servizio straniero e quindi anche causa di incomprensioni e lentezza, se non addirittura una perdita di tempo. Questo perché spesso la realtà è che non sanno neppure risolvere il problema, a parte dirti di spegnere e accendere il router.

Rendiamoci conto -ad esempio- che in Romania, Bulgaria, Polonia, Ex-Jugoslavia, o altro paese da dove potrebbero rispondere, hanno la rete russa, comunque un migliore allaccio in fibra ottica rispetto alla nostra ADSL/VDSL2.
Mettiamoci pure che, l’operatore di call-center che risponde da Durazzo, potrebbe sapere certi dettagli solo con conoscenze specifiche, le quali magari non gli sono neppure fornite dalla compagnia per cui lavora.

Insistendo…

Poi magari, passati 4/5 operatori, troviamo la persona capace e responsabile che individua la natura del problema collegandosi al nostro router e dettagliandoci la causa del continuo calo di prestazioni.
Viene poi la comprensione specifica dell’entità del problema: servizi o dispositivi aumentati e sempre più esosi di banda, vetustà del router, allaccio vecchio o distante dalla centrale.
Quindi si rende necessario contattare il fornitore per trovare una soluzione. Ma qui si finisce nel ricominciare.

Ricontatta il call center, ma questa volta commerciale

Prima di trovare il consulente adatto potrebbe essere necessario del tempo e della dedizione… e chi ha tutto questo tempo a disposizione?
Il risultato quindi è che nessuno cambia nulla e gli operatori continuano a vendere 10 mega al prezzo della 100 mega o della fibra (visto che costano tutte uguali).
Il timore molto probabilmente è proprio quello, visto che le dinamiche non sono cambiate e gli approcci sono gli stessi da quasi 3 decenni.

Un palese accordo di cartello

fibra delinquenti certificati

Proprio uguale allora come oggi, dove gli operatori vendono tutti un’offerta di cartello sul loro sito, denominata “Fibra” con accanto la sigla (F) o FTTH, a qualche centesimo prima dei 30 euro. Tutto un fiorire di 29,99, 28,99, 27,99… mentre poi analizzando nel dettaglio l’offerta e verificata la copertura, potrebbe anche essere difficile ottenere un buon FTTC non condiviso con tutti gli altri del quartiere: gli italiani non saranno informatici, ma capiscono (hanno comunque imparato in passato quelli che non capivano), che 700 persone connesse su un cavo in fibra a 100Gbps vuol dire ipoteticamente circa 140 kilobyte per secondo a ciascuno nell’ora di punta.

Le persone che si accingono a fare il contratto oggi, hanno probabilmente paura di quella dicitura “fino a 1.000 mega”, perché sanno benissimo che se andranno “fino a” 100 mega sarà una fortuna, ma non pagheranno un decimo dell’importo bensì tariffa piena e identica a prima.

Nell’immagine a fianco si vede un commento ad una promozione di TIM, ma quando scrivo accordo di cartello è chiaro che i manager e gli AD di queste compagnie vanno all’aperitivo insieme, poi partecipano alle commissioni parlamentari convocati come consulenti.

Nel frattempo un altro call-center, nuovo nuovo, ha appena ottenuto i nostri contatti e recapiti che verranno poi subissati di telefonate, SMS, email… Prima o poi tali promozioni si tramuteranno in un’offerta non voluta a tradimento.

Il nuovo contratto è complicato e a breve, alla prima fattura, potrebbero rendersi conto che costi e servizi non richiesti hanno fatto lievitare la spesa ben oltre il previsto. Magari dopo 24 mesi trovarsi da capo o con costi più alti. Nel frattempo il contratto è firmato e vale almeno 4 anni, in piccolo c’era scritto che dopo 2 anni i costi sarebbero lievitati e si sarebbe aggiunta una nuova voce…
Ma chi glielo fa fare all’italico di infilarsi in questi guai. Tanto vale tenersi l’attuale rete.

Cosa fanno le authority in merito?

AGCOM e l’Antitrust hanno sanzionato tutti gli operatori di telefonia, in più occasioni, per; pratiche scorrette; abuso di posizione dominante; condotte anticoncorrenziali; ritardo nello sviluppo della fibra fino al domicilio; assenza di trasparenza…
Le multe sono nell’ordine di centinaia di milioni di euro, che sommate superano il miliardo di euro, ma questo non scoraggia le compagnie a continuare ad insultare gli italiani con palesi accordi di cartello e pratiche fraudolente. Evidentemente il guadagno è certamente superiore al rischio di vedersi comminate multe milionarie.
Tutto ciò non cambia il risultato, anche con le multe, inerzie e pastoie di vario tipo hanno danneggiato di fatto la possibilità per i cittadini di disporre di servizi adeguati.

Ecco spiegate le ragioni della mancanza di penetrazione nella rete nel nostro paese.

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2 commenti

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