Voi, molti, cittadini di questo mondo, che amate parlare di Politica, ossia supponete di argomentare di Etica Pubblica, non avete la minima idea dei significati di Destra e Sinistra con cui spesso avete l’impudenza di sporcarvi i baffi.
Se così fosse ne tacereste l’appartenenza, smettereste di sbandierarne le peculiarità come fregio di chissà quale memoria storica antidiluviana.
Le parti: destra sinistra oppure dritto, ma anche sopra e sotto
L’appartenenza a Destra e Sinistra, non esclusivamente alla Politica e al buon senso, ci qualifica in quanto ‘di parte’, cioè del ‘partito’.
Si è perduto invece il senso di ciò che poteva idealmente rappresentare alle sue radici questa posizione di appartenenza.
Va bene la guerra, i fascisti, i comunisti. Va bene i conservatori e i rivoluzionari, chi dei diritti si ricopriva come un mantello. Siamo antistorici oggi. Tali riferimenti possono essere usati come misura, ma non come metro per misurare ogni cosa.
Del resto, come potremmo definire di starci impegnando per l’Etica Pubblica quando portiamo avanti le considerazioni di una sola delle parti in gioco?
Ne sono successe di cose dopo la guerra, anche durante, tante che risulta veramente inutile citare a sproposito posizioni che non ci rappresentano più.
Una ricetta contro il becero populismo e la bieca rassegnazione esiste?
Serve equilibrio, portanza, aerodinamicità. Eredito termini aeronautici per rappresentare come oggi dovremmo volare verso la destinazione. Produrre il prima possibile soluzioni per il popolo, al fine di non lasciarsi travolgere dagli eventi. Invece siamo ancora qui a temporeggiare su posizioni ferree dettate dall’appartenenza politica. Serve pertanto coraggio, non solo nel criticare l’avversario.
L’etica pubblica per essere praticata ha bisogno di alcune virtù.
Queste non possono essere esercitate se ciò che ci guida non ha una forte dose di equilibrio. Non ci si può lasciar travolgere dai venti dell’attualità. Nel contempo serve la graniticità per non cadere nell’uso comune, che è una moda un po’ più affermata dell’attualità. Così è necessaria una certa potenza, per sostenere i pesi dovuti dal ruolo politico. Chiaramente queste virtù devono essere dosate saggiamente con plasticità e pragmatismo, per trovare il prima possibile la via e con solidità per sostenere le parti in gioco.
Partito, dal latino partes, la parte di qualcosa di più grande. Che una volta doveva essere lo Stato
Spieghiamoci meglio con un po di radice latina. L’istituzione della partes latina, da cui proviene il termine partito, é il parteggiare. Per capire cosa si intende appieno, sarebbe opportuno leggere “Odio gli indifferenti” * di Antonio Gramsci.
* « Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. »
La Polis Agorà
C’era una volta in Grecia la Polis Agorà. Che altro non era il raduno nella Piazza alle radici della nostra Politica. Un incontro per discutere delle questioni emerse durante gli ultimi periodi e per programmare eventi futuri.
Chi aderiva ad una delle parti era benvenuto. Il confronto era utile e benvoluto. Tanto che colui che non rappresentava nessuna “fazione”, colui che non esprimeva o non voleva appartenere a nessuna parte politica, veniva definito idiota ossia ide ota, senza idee, quindi ignorante e profano.
Il senso della parte oggi è divenuta Partito. Ma non ha più quell’accezione dell’idea di Polis Etica, di Etica Pubblica, oggi si parla di valori e ci si rifà più che altro ad episodi storici dei tempi di guerra. Vengono presi come esempi di vita vissuta dai soggetti in difficoltà e dalle loro reazioni in quei frangenti.
Oggettivamente non sarebbe sbagliato come punto di vista in determinate occasioni, ma ci si spreca con l’astio e ci si chiude invece che ampliare le proprie visioni.
L’incendio nella Foresta o nella Savana
In un bosco in fiamme Cervi e Lupi non si mettono a discutere di quella volta che il lupo si mangiò il cerbiatto. Si corre e si scappa, al massimo ci si organizza.
Non si è mai visto che il lupo mangi il cervo in quel momento.
Ecco, lo stesso esempio lo possiamo applicare al colibrì che porta la sua goccia durante l’incendio e non perde tanto tempo a rispondere alle critiche dell’elefante che invece si rifiuta di aiutare.
Questo potrebbe essere un campione dimostrativo di cosa si intende per parti, quindi partito. Ma dovrebbe illuminare anche i concetti di risolutezza, pragmaticità, assertività, serietà, lealtà, impegno e tutte quelle altre qualità utili alla soluzione. Atteggiamenti sani, piuttosto che al mantenere posizioni di chiusura per partito preso o peggio arrivare ad offendersi per lesa maestà, magari giungere al limite dando in escandescenze.
I partigiani non avevano colore, erano di tutti i colori ed era questa la ricchezza del gruppo, però erano armati
Dichiararsi di essere di parte, destra o sinistra sopra o sotto è indifferente, equivale a inviare il messaggio di essere indifferenti all’altra parte.
Aspettatevi presto l’atteggiamento di critica da questa parte, invece di un sostegno al dialogo.
Sarebbe molto più utile attivarsi per osservare, valutare e condividere l’Etica Pubblica.
Sta poi alla serietà di ciascuno partecipare a questa condivisione.
Come i partigiani che in ultima analisi hanno dovuto mettere da parte etica e morale in un momento così critico da richiedere il più grande sacrificio possibile.
La partes degli ‘interessi’, propri o di un gruppo
La difesa di una delle parti non è di certo il frutto di un ragionamento dell’etica, quella giusta, concreta, solidale, sostenibile, responsabile, insomma quella fuori da ogni interesse ma nell’interesse di tutti, appunto l’Etica Pubblica. Non è sensato difendere un solo interesse ad ogni costo pur di apparire coerenti. Ad un occhio attento ci si dimostra burattini.
Mentre rimanere a difendere solo ed esclusivamente una visione, un punto di vista, equivale a non volersi muovere dalle proprie posizioni. Un atteggiamento asfittico, indifferente, elusivo. Evitare o astenersi dal valutare gli altri punti di vista, che non sono mai solo due, significa essere indifferenti. Essere morti è il paragone più azzeccato, morti non morti. Di certo in questo caso non stiamo facendo Etica Pubblica.
Come l’esatto contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza, così l’esatto contrario della Politica non è la guerra, ma il silenzio.
Pertanto seppur in difesa, anche chi parteggia nel proprio stato viene oggi definito terrorista. Ed è questo, non altro, a definire così le proprie azioni.
La morale
Il punto è la morale. La maledetta morale che vogliamo per forza instillare nel profondo di ogni cosa, cercando contemporaneamente di piegare il senso verso la propria parte. Alla stregua di Salomone che cercava di accontentare due madri tagliando a metà un bambino.
La morale [dal latino mos: costume, abitudine] è paragonabile ad una moda millenaria. Indiscutibile, incontrovertibile, certo, solo che non è certo che sia giusta. Morale ed etica vanno a braccetto, l’etica pubblica non ha morali.
Occupandosi di Etica Pubblica, di Politica, si aspira a desiderare il bene, la cosa giusta. Orientando invece la questione su considerazioni di una sola delle parti politiche in gioco, propugnando soluzioni indegne e confacenti solo all’attualità, tanto per appoggiarci il cappello sopra, allora stiamo facendo partitismo. Monotica invece di Politica. Soluzioni frutto della fretta, improvvisate, qualunquiste e non utili a considerare il problema da un punto di vista definitivo, risolutivo.
L’attualità nell’Etica Pubblica è il male assoluto
Questo male è soprattutto causa dell’attualità, una forma breve della moda. Argomenti alla rinfusa su cui ne campeggia uno più del solito. Perché magari uno degli argomenti è raccolto da qualcuno, con potere mediatico, che ne strumentalizza i contenuti, deviando l’interesse dalla sua parte. Creando una sorta di nuova morale (eccola che ritorna).
Mentre i valori veri sono definitivi, incastonati nella nostra storia passata, nelle nostre usanze e nella nostra discendenza, tanto che una lettera agli ateniesi di qualche migliaio di anni fa, ancora rappresenta concetti sani.
All Part: tutti parte
Tutte le parti o tutti da una parte, non proprio e non solo.
Tutti parte dello stesso pianeta, tutti respiriamo la stessa aria, tutti abbiamo bisogno delle stesse basi solide.
Questa è l’Etica Pubblica.
Qui non parliamo della super partes, che è l’esatto contrario della partes prima menzionata. Stiamo entrando proprio nell’azione concreta efficace e permanente. Quell’azione del porsi al di sopra delle parti, ovvero assumere una posizione neutrale ma nel contempo attiva alla soluzione, per risolvere tutte le parti.
Apparentemente utopico come disegno politico, ma necessario. In un mondo fatto di migliaia di piccole parti serve una coesione della comunità per giungere al buon senso.
Raggiungere un’Etica Pubblica che sia condivisa da tutti e per sempre, è indubbiamente un’opera titanica. A questo -e non altro- dovevano servire un migliaio tra deputati e senatori (di cui tra l’altro una metà sempre assenti).
L’etica Pubblica, la Politica, non si insegna, si applica
Per assurdo, l’esempio chiave può essere la differenza che convive tra;
- stare sul divano davanti alla TV (anche se per informarsi);
- scendere in piazza a manifestare per i diritti di chi non ha una TV;
- dedicare qualche ora in biblioteca a trovare le fonti di diritto per la lotta all’ignoranza e il diritto/dovere di informazione.
Sostanziale differenza tra l’attivismo politico e… il nulla.
Perché rimanere sul divano a farsi i fatti propri non ha nulla di politico.
Equivale a dichiararsi sportivi, ma seguire lo sport solo sui media.
In realtà si può diventare “storici” in questo modo, eventualmente “strateghi”, ma mai veramente sportivi, né tantomeno politici.
Non è davanti ad un media che si fa Etica Pubblica.
Ribadiamo insieme: l’etica Pubblica, la Politica, non si insegna, si applica.
Politica = Etica Pubblica
L’etica pubblica, che si racchiude nel profondo del cuore al concetto di Politica, è quella consuetudine buona e sincera delle cose della vita.
Non è certo l’atteggiamento opportunista di chi, vigliacco e meschino, dice una cosa ma usa farne completamente un’altra.
L’esatto contrario è la monotica, ossia gli interessi del singolo, o di un gruppo con un singolo interesse.
Ciò che viene propugnato con apparente semplicità e sincerità di intento, ma dichiarandosi appartenenti ad una delle parti, è paragonabile all’opera del lupo che assicura la pecora sulle sue buone intenzioni.
É certo che prima o poi “la parte” vi richiamerà all’ordine in difetto dei diritti della pecora. Quelli che volevate proteggere da lupo…
L’etica pubblica serve ridurre e conformare l’ignominia di una moltitudine di leggi contrastanti ed inutili. Cardine per fondare una civiltà legislativa che comprenda i bisogni della democrazia, nel rispetto dei diritti di ogni figura sociale.
Il concetto di Etica si amplia e completa nell’obiettivo pubblico
L’Etica stessa può essere apparentemente tradotta dal Latino in termini come “uso comune” e “consuetudine“. Ma èthos in realtà significa “carattere“, “comportamento“, “costume“, “modo di fare“.
Ci sono bei modi, strani modi, brutti modi, modi inusuali e tanti altri modi di comportarsi. Nessuno modo è giusto a sé o sbagliato in relazione ad un altro, ma lo è quando non danneggia tutti gli altri in nessuna delle sue parti. Lo diventa veramente quando trova una soluzione che accomuna ogni parte in gioco. Lo è quando ogni parte può rifiutarsi.
Su questo non si può che essere concordi.
Questo è assimilabile all’Etica Pubblica.
L’onorevole istinto del trovare soluzioni con responsabilità, rispettando la Costituzione, le leggi e le parti in gioco
Potrà sembrare utopico ma è meglio non agire per nulla e trovare un’altra strada, che rischiare di danneggiare qualcuno a beneficio di un altro.
Non siamo in guerra e tantomeno in una partita, non serve immediatezza per inseguire l’attualità.
Serve una visione trentennale, qualcosa che si adatti ai tempi e valuti il passato. Meglio una legge sessantennale, 30 anni avanti e 30 indietro.
Ci serve una strategia Politica a lunga scadenza. Di certo non vale in questo caso una strategia di guerra per l’attacco rapido. Tantomeno una dispersione minima delle risorse. Ancor meno una lotta per il consenso proprio e il disfacimento altrui.
Serve Etica Pubblica, serve la soluzione definitiva, ma soprattutto serve responsabilità.
Essere chiamati Onorevoli ha questo status come pregiudiziale.
Non si diventa onorevoli per elezione, ma per merito.
Non solo il merito di essere stati eletti, che è come farsi trovare alla partenza in una gara di corsa. L’onorevolità è data dal farsi trovare all’arrivo, ma senza aver tagliato per scorciatoie, senza aver danneggiato in alcun modo gli altri corridori. Soprattutto aver rispettato tutto il percorso con responsabilità. Gettare il bicchierino di plastica per terra al punto di ristoro, fa di voi degli irresponsabili, ad esempio.
Una corsa alla soluzione
A parte i paragoni sportivi con la corsa, risulta difficile trasmettere quel buon senso nell’onestà e responsabilità dell’azione di governo.
L’etica pubblica non si insegna, come abbiamo già detto. Non si trasmette, né si impara. Di certo una buona dose e innata, ma molto è dato dal momento. Nessuno di noi ha di certo acquisito l’eterno e vasto cerchio di possibilità che si incontrano nella totalità del mondo. Tantomeno potrà avere predisposizione nel conoscere cose sconosciute. Certo è che l’Etica Pubblica ha effetto solamente quando trova soluzioni eque. Esiste solo in quel caso.
Di sicuro la soluzione deve essere trovata nel minor tempo possibile. Nei tempi giusti. Così, se tutto il governo di quella tematica ci si dedica (dall’avvocatura di stato all’ultimo portaborse), è certo che una soluzione si trova. Ma smettiamo di dire “in un modo o nell’altro” troppo italica questa forma. La nostra genialità supera la fantasia e riesce a produrre amebe amministrative in ogni ambito della giurisdizione.
Demagogia ≠ Democrazia = Uguaglianza
Sembra demagogia, si chiama invece democrazia: il fondamento del nostro Stato non dovrebbe essere la libertà o il danaro, non dovrebbero esserlo i partiti, l’economia e neppure le associazioni, la nostra è una Res Publica Democratica basata sul Lavoro.
Quando cambieremo la Costituzione allora potremo anche cambiare la nostra vision, ma per il momento è così ed è ancora la più bella Costituzione del mondo. Lì si che vi si trova Etica Pubblica: nel “librone” della Costituzione possiamo trovarne a bizzeffe di esempi chiari, netti e concreti di che cosa voglia dire Etica Pubblica.
Qui potremmo pensare che la democrazia sia una regola di base della specie umana, forse per questo viene spesso sottovalutata o ignorata. In realtà con molta frequenza il termine é abusato, con l’inclusione di qualcosa che somiglia molto più alla demagogia.
Democrazia. Demos Kratos. Potere al popolo e non potere alla demagogia.
Il potere –per essere definito democratico– deve essere sempre eguale, suddiviso in parti uguali tra tutti gli interessati. Questa è la base dell’Etica Pubblica, che può anche costringere con i Doveri oltre che ammaliare e remunerare con i Diritti. In ogni caso l’aria si pervade di giustizia e non appare da nessuna parte il torto.
Ognuno deve poter dire la propria, ma soprattutto deve poter dire no senza inficiare sul potere altrui di dire sì o no.
Potremmo aggiungere a democrazia la parola uguaglianza, se non fosse che risulta oggi essere un concetto arcaico, antitetico, perché nessuno di noi si sente uguale all’altro in verità.
Eppure tutti abbiamo bisogno di uguaglianza nella nostra diversità, almeno per quel che riguarda le basi e il fondamento utile a ciascun essere umano.
Così i nostri diritti di base dovrebbero essere tutelati appieno, lasciando da parte le alte sfere della diversità. L’innovazione è necessaria quando questa non sia in reale antitesi con lo status presente, con le leggi attualmente in vigore. Ed ecco che uguaglianza diventa equità. Siamo di nuovo in equilibrio.
L’innovazione a tutti i costi
Valutiamo il pasticcio della privacy, per aver voluto adottare ad ogni costo ogni singolo briciolo di tecnologia senza prima aver valutato una legislazione adeguata.
Valutiamo la perdita di tassazione dovuta alle tante compagnie multinazionali che poco investono in Italia e tanta ricchezza portano fuori. Lo Stato guadagna, poco ma guadagna, ma mai come se avesse fornito il prima possibile una legislazione adeguata ai tempi, a tutela di chi era già qui prima. Perché lo Stato non è il governo, è neppure l’INPS, l’INAIL, o Camera e Senato, neppure l’Agenzia delle Entrate. Lo Stato siamo tutti noi, attività, imprenditori, medici, infermieri, avvocati, camerieri, mamme, nonni, ma soprattutto il singolo è la parte dello stato, non il o del partito.
Il gioco degli interessi è spesso vile, non solo fortemente attivo con i “consigliatori” nelle commissioni politiche
Potrà sembrare ridondante, ma va ricordato spesso che “la parte”, il partito, rappresenta l’interesse. Nel caso di una proposta di legge -ad esempio- il partito può rappresentare una sola posizione di interesse o molteplici.
A volte questi interessati non vogliono che le cose cambino. Magari perché in ognuna delle soluzioni è già stata considerata e valutata attentamente ogni conseguenza.
Il rischio di perdere potere può essere annullato anche con l’azione più meschina: il silenzio.
Il mancato intervento di un partito, dello stato, può rappresentare l’interesse stesso della parte, che non vuole adottare regolamentazioni né rimuovere quelle esistenti già a suo vantaggio. Men che meno introdurne di nuove o stralciare con una nuova proposta lo stato di cose esistente.
Qui, adesso, in questo tempo, ognuno palesa la sua differenza. Ognuno vuole prevalere pur conformandosi agli altri. Una specie di mimetismo sociale in cui si sfrutta la conformità, il luogo e l’uso comune, per cogliere l’opportunità d’ingresso nel contesto di cui si vuole approfittare.
Questa è demagogia, populismo becero di quart’ordine, utile solo ad accalappiare consensi e pacche sulle spalle, ma non un vero beneficio alla collettività. Questo atteggiamento viene oggi definito politica, ma da un’analisi anche superficiale si può ben vedere che nulla ha a che fare con l’Etica Pubblica che è tutt’altra cosa.
L’Abitudine dell’Ignoranza
È facile cadere nelle cattive abitudini, quelle pratiche malsane a cui presto ci si abitua perché apparentemente giuste, largamente condivise e consigliate dall’inettitudine, in realtà profondamente ingiuste perche abbastanza egoistiche da farle proprie in un attimo e supportate dal gruppo sociale di appartenenza, ma soprattutto accettate dalla solidissima base della paura e dell’ignoranza, su cui vige buona parte del nostro sistema sociale.
É facile cadere in uno di questi tranelli della mente, perché si sa solo quello che si conosce, senza spendersi troppo in ragionamenti che includano le diversità a cui non apparteniamo.
dove l’ignoranza con arroganza urla
il silenzio con eleganza insegna
Ne sono morti già troppi per la morale
Isaia fu segato a metà, Giovanni Battista fu decapitato, Cristo messo in croce per restare alla storia sacra. Giordano Bruno guida per notorietà una lunga schiera di pensatori e “streghe” messi al rogo per andare alla storia della Chiesa. Non so chi nominare a simbolo delle migliaia di persone “eliminate” nei secoli se volessi finire guardando alla storia laica. Da morti, poi, tutti vengono ricordati come i savi, i saggi, gli eroi, i precursori…. Quello dell’eliminazione fisica o spirituale da parte del potere del momento è il destino che, in ogni epoca, spetta a chi non rinuncia alla propria dirittura morale e ai propri valori e decide di restarvi fedele con la propria vita e, soprattutto, anche con la parola che turba l’ordine costituito, lo mette in discussione, infastidisce il potente perché mina la sua presunta forza e irrita l’ignorante che lo sostiene perché fa vacillare le sue deboli certezze.
“Nessuna civiltà viene distrutta senza essersi prima rovinata da sola, nessun impero viene conquistato dall’esterno, senza che precedentemente fosse già suicida” R. Grousset in “Bilancio della Storia” (1946).
Qual è la rovina che da soli oggi ci stiamo procurando? Qual è il suicidio che rischiamo di infliggerci?
Ancora una volta è l’ignoranza.
Ci sono momenti nella storia in cui si innesca un processo di disgregazione culturale che sfocia in un conseguente cinismo etico e morale che distrugge la convivenza civile e spalanca le porte di nuovo a conseguenze tragiche peraltro già vissute, conosciute e magari anche condannate. Si perde la consapevolezza di sé come uomo, il riconoscimento dell’altro da sé giustificato da pretese superiorità razziali, la ricchezza del dialogo additato come debolezza. Si negano i diritti inalienabili di ogni persona additandoli come privilegi, si svilisce la solidarietà in stupido buonismo, si irride la conoscenza e la preparazione esaltando la mediocrità.
Hanno scritto di recente i responsabili del museo di Auschwitz-Birkenau sul loro sito: “Quando guardiamo Auschwitz vediamo la fine di un processo. Bisogna ricordare che l’olocausto non è cominciato con le camere a gas. L’odio è cresciuto gradualmente a partire dalle parole, dagli stereotipi e dai pregiudizi, attraverso l’esclusione legale, la disumanizzazione e un’escalation di violenza”.
Alleati con Guantanamo: guerra in cambio di pace
Celebriamo ufficialmente ancora la Giornata della Memoria, ma non ci siamo fatti scrupolo di finanziare campi di concentramento in Libia e restiamo indifferenti di fronte alle atrocità che in essi vengono commesse su migliaia di poveri esseri umani che fuggono da guerre fatte dalle nostre armi, da dittature sostenute e spesso imposte dai nostri paesi democratici, da fame e miseria come conseguenza dalle nostre leggi finanziarie ed economiche.
La nostra Costituzione dice che «L’Italia ripudia la guerra», salvo poi essere proprio l’Italia il maggior esportatore europeo di armi con Finmeccanica.
Un popolo silenzioso è un popolo complice, superficiale, assente, indifferente
Non ci riguarda più la sorte di migliaia di migranti che continuano a morire nei deserti o nel nostro mare che devono attraversare per la disperazione che li ha fatti partire dalle loro terre e per la speranza di arrivare ad un approdo di nuova vita: ci basta non vederli per tacitare anche quel barlume di pietà delle nostre labili coscienze, ci basta sapere che sulle nostre coste non sbarca più nessun “nemico” che è additato come la causa dei nostri problemi, che attenta al nostro tenore di vita ed alla nostra sicurezza, che ci ruba il nostro lavoro e le nostre donne. Poi magari il tenore di vita continua a diminuire, la ricchezza si concentra su pochi e la platea di poveri aumenta, il lavoro comunque non c’è e le donne ce le uccidiamo in famiglia.
Il virus che serpeggia tra noi
Stiamo sdoganando il peggio di noi ed accettiamo e proclamiamo quello che solo qualche tempo fa avremmo avuto il pudore di almeno celare tacendo o dietro frasi di circostanza (ricordate la premessa: “io non sono razzista, ma…): non ce n’è più bisogno ora che è ossessiva la presenza di chi, fra letti copulatori, colazioni di nutella e commenti a Sanremo, mena vanto della propria disumanità. Loro sì che rappresentano, anzi sono, il popolo! Con essi, ad ognuno è garantita la legittimità del proprio ignobile “rutto”.
In un mondo in cui rischiamo la catastrofe umana ed ecologica per colpa dei nostri egoismi privati e pubblici noi restiamo ammaliati a contemplare il nostro ombelico.
Sarebbe necessario riscoprire i sentieri faticosi della sapienza che induce al pensiero critico e complesso e mettere in campo vigilanza ed istruzione. Ma in questo momento non si vede purtroppo chi abbia l’autorevolezza di farlo: le forze politiche sono debolezze culturali ed etiche, gli intellettuali sono silenti e/o silenziati (qualcuno anche “venduto”), i mezzi di informazione e vieppiù le nuove tecnologie sono usati più come strumenti di persuasione di massa (quanto tempo che non si sentiva più questo termine che resta però quanto mai attuale) che di progresso e liberazione dell’uomo.
Non tutto è perduto, ma è anche vero che “ogni lasciata è persa”
Per fortuna resiste ancora, dentro la società, chi, non rinunciando alla propria umanità, ha uno sguardo un po’ più lungo: sono singoli individui che si informano, riflettono, agiscono e svolgono il proprio lavoro (penso agli insegnati in primis); sono gruppi ed associazioni che tengono viva la fiamma della solidarietà e del bene comune. E’ una ragazzina svedese a ricordare che si sta uccidendo il futuro dei nostri figli e nipoti nell’indifferenza di ogni parte politica, nell’inadeguatezza di classi dirigenti cooptate alla crescita del Pil e nella colpevolezza di un pensiero dominante che ha globalizzato i mercati della finanza e delle merci ed ha eretto muri e istituito confini alle persone.
Follia? No, molto peggio come lo è appunto l’ignoranza.
L’attuale maggioranza di pochezza e superficialità
Si tratta di superficialità, l’attività preferita dal nostro cervello, mentre l’appartenenza ci limita al conosciuto ci costringe al nostro piccolo mondo e a chiuderci a valutazioni di convenienza.
Per questo motivo la diversità é un valore aggiunto.
La pochezza è per le élite, il 2% della popolazione. Mentre nel mondo ne abbiamo 8 miliardi.
Il vasto branco
Qui in Italia siamo 60 milioni, nel mondo 120 milioni di Italiani di cui una piccola parte esuli votanti. Eppure siamo tutti spinti a favorire quel 2% e non ci rendiamo neppure conto di farlo. Nel frattempo viviamo consumando i beni ed i servizi che ci vengono venduti da quella piccola percentuale, per poterci conformare al branco.
La nostra piccola realtà di potere raggiungibile.
Siamo nella ruota come il criceto. Ma anche nel gregge come le pecore, nel branco come scimmie, di giorno. Come squali al lavoro. Come lupi di notte.
Questa realtà si applica a buona parte del mondo umano in modo palese. Ovunque sia giunto il capitalismo ed il consumismo, in maniera più blanda in altri contesti. In ogni caso è una prerogativa della nostra specie. Ovunque ci spostiamo culturalmente la regola non scritta, a chiare lettere, del prevalere, rimane valida e perorata. Ma come potremmo mai prevalere su una diversità, confrontando la lunghezza di un treno e l’altezza di un palo. Se sia meglio un’etnia, una religione o un colore della pelle. Vogliamo prevalere solo prima di conoscere. Perché poi, quando si conosce, in verità si apprezza sempre buona parte della differenza.
8 miliardi di umani stanno imparando ad usare lo stesso metodo. Tranne rare eccezioni a confermar la regola, la maggioranza si adagia nella propria vita. Una vita spesa a contemplare la cornice senza mai curarsi dell’arte del dipinto unico e irripetibile che siamo noi stessi.
Ignoriamo del tutto il contributo enorme che stiamo dando all’umanità.
Se solo ci fosse qualcosa che in qualche modo ci facesse capire la ricchezza di noi stessi, questo sarebbe in grado di darci la luminosità che meritiamo.
Tale realtà potrebbe condurci a capire da noi stessi le buone pratiche di un’economia circolare.
superficialità, l’attività preferita dal nostro cervello
attualità vs storia
abitudine vs fare la cosa giusta
complicato vs semplice
Politica vs politica
Serve un approfondimento culturale sulle nostre attitudini e sulle opportunità perdute
La consuetudine, l’abitudine, il modus comune, il paradigma delle nostre unità di misura, il ‘si è sempre fatto così’… questi atteggiamenti li conosciamo molto bene. Nulla di tutto ciò è Etica Pubblica.
L’esempio per rendere l’idea è difficile, si potrebbe parlare di razze o religioni, ma così toglieremmo il senso dell’etica, perciò preferisco riferirmi ad uno dei poteri più forti del nostro tempo: l’Economia.
Le attuali politiche dell’Economia spicciola
L’esempio può essere quello di una banca che pratica l’anatocismo. Ogni 3 mesi vengono prelevati da un conto gli interessi a debito con cifra di interesse decimale. Una volta all’anno vengono versati interessi a credito con cifra di interesse centesimale. 0,2 vs 0,08.
Chi non sottoscriverebbe tale pratica essendo il banchiere?
L’interesse sul montante del debito sarebbe già maggiore anche se si usasse per entrambe la formula decimale.
Oppure sussistono spese di tenuta conto, ingiustificate, visto che poi esistono i costi di operazione. A domanda di sentenze delle varie corti di giustizia, le banche rispondono con la stessa tiritera: “si è sempre fatto così…”. Ed effettivamente continuano a farlo.
La beffa ancora più importante è la modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, in cui la voce in capitolo di una delle parti è meno che nulla.
La nostra economia si basa sul debito, a volte addirittura inestinguibile. È previsto dal capitalismo, serve come arma di riduzione.
Siamo tanti, in sovrappopolazione, l’unica arma di controllo delle masse può essere solo l’Economia
Economia e politica sono strette amiche in tutto il mondo. I due strumenti di governo più alleati, tanto da non potersi discernere neppure costituzionalmente.
Avevano ragione i magistrati Falcone e Borsellino a citare il buon senso di: “segui il danaro come fosse un fiume, troverai la fonte e il mare..“
L’arma di controllo delle masse e dell’eccessiva proliferazione, leggasi sovrappopolazione, oggi non è più la guerra per provocare stenti e limitare il sovrannumero, ma è l’economia dei numeri probabilistici e relazionati, della matematica progressiva, non più solo lineare ma soprattutto esponenziale. Non più 1 + 1 ma n x n.
Siamo stati vaccinati dalla democrazia con l’istituzione delle parti: divide et impera…
La politica delle parti al contrario delle Politiche di Progresso. Una strada che ci ha condotto a tutto questo.
La perdita progressiva dell’economia circolare su cui abbiamo costruito la nostra civiltà, ci ha condotto all’economia capitalistica. Lo ha fatto rendendo vano il senso di comunità. A discapito delle buone pratiche di riciclo e riuso, di circolarità della materia prima e seconda, di riutilizzo del bene.
Qui non si perde solo quel bene che gira il mondo e torna. Abbiamo imparato anche a rinunciare di riparare una tazzina rotta, ad esempio. Ovvero, preferirne lo smaltimento indifferenziato e quindi l’incenerimento. Il bello è che tutti gli argomenti sono convincenti, tanto che buona parte del mondo ha empiricamente accettato che, distruggere antropicamente ciò che non serve più sia l’unica strada possibile.
Una volta la tazzina vecchia e rotta, veniva incollata, diventava vaso dei semi per i bambini, o contenitore di essenze, appoggio per le uova o qualunque altra cosa per decenni… fino all’opera d’arte.
il nonno
Il paradigma della tazzina ( il rifiuto inconsapevole )
Oggi la tazzina viene smaltita, bruciata. Diventerà cenere per i cementifici, per i fertilizzanti, bitume per le strade, mangime…
La ritroveremo quindi nel muro di casa dei nostri nipoti o nel pomodoro che mangeremo domani. Ci passeremo sopra in strada, magari violando i limiti e prendendoci pure una multa. La ritroveremo in una costoletta e nella tazza di latte, nell’insalata e nel succo di arancia.
Dov’è l’Etica Pubblica in questo atteggiamento?
Dove si trova un errore in questa modalità?
Apparentemente non c’è nulla di sbagliato, anzi. Per tutti è giusto disfarsi di una cosa rotta, così che venga riciclata e riutilizzata.
Ci hanno persino convinto del recupero di energia dall’incenerimento.
Un peccato davvero che nessuno si renda conto del problema.
Cosa c’era di sbagliato in questo modo di fare, tanto da rinunciarvi?
Nulla, per carità. Solo che oggi è molto più facile liberarsene piuttosto che comprare una residenza più grande per accogliere tutto ciò che invece preferiamo gettare. Così da non renderci conto nel tempo di quante cose abbiamo posseduto e gettato via.
Certo, non avrebbe senso acquistare appartamenti sempre più grandi per accumulare i beni di una vita e di quelle dei tanti che ci hanno preceduto.
Non ne ha al pari di quanto non ha senso acquistare per buttare.
Il paradosso del dotarsi di un luogo più grande, è chiaramente provocatorio, dato dal fatto che oggi è molto facile impossessarsi di cose nuove. Il che ci porta a confrontarci con il passato. Infatti, se usassimo le pratiche di soli 100 anni fa, avremmo bisogno di 5 metri2 in più ogni anno.
Sembra incredibile, eppure è così, tanto da non rendercene conto. Andando avanti vedremo come e perché.
Ci hanno insegnato che è così: giusto così
Questo stesso atteggiamento ci fa rinunciare al bene, siamo assuefatti al distruggere, polverizzare, far scomparire, piuttosto che reintegrare. Ignoriamo il diverso con lo stesso atteggiamento.
Oggi preferiamo la tazzina rotta, nelle sue parti, per poterla buttare, non riciclare. Pensiamo che incenerendola verrà effettivamente riciclata, non sapendo quale costo e quale danno sia in realtà per la collettività.
Non ci rendiamo conto di quanto abbiamo buttato sino a che non andiamo a fare la spesa e riempiamo i sacchetti di imballaggi, sapendo che questa è solo una piccola parte del rifiuto.
Nella mia regione, una delle più efficienti mi raccontano, buttiamo procapite più di 400 kg annui di rifiuto indifferenziato. Guardando le medie mondiali siamo all’incirca in linea più o meno con il mondo “civilizzato”.
400kg è un numero incredibile. 6 volte il nostro peso medio, questo ogni anno. In una vita sono 32 tonnellate di rifiuti. Per inciso, tra pranzo cena e colazione in una vita si usano circa 22 tonnellate di cibo. Buttiamo più di quello che mangiamo, è spaventosamente preoccupante questo modo di vivere.
Il grande inganno, il riciclo
Poche persone sono entrate in un centro di smaltimento, un inceneritore o in discarica. Per descrivere tutti i processi servirebbe un libro alquanto sostanzioso di capitoli.
Riassumiamo brevemente questa sezione sul riciclo nel modo che conosciamo. L’attuale ciclo del rifiuto si compone di bidoncini o cassonetti, al massimo differenziati per plastica, carta, vetro, organico e indifferenziato. Possono esistere anche olii esausti, vestiti, legno, ecc., ma solitamente sono aziende totalmente private a gestire questi flussi. Quindi ignoriamoli per ora.
Camion diversi vengono a svuotare i contenitori. A fine mese o periodicamente paghiamo una quota.
Che fine fanno i nostri rifiuti
Ci viene detto che una buona percentuale di quel rifiuto viene rigenerato, riciclato. Dall’entropia che abbiamo creato sembra che si ricostituisca materia. In effetti, per la plastica e la carta, buona parte di questo potrebbe essere vero e quella materia potrebbe tornare ad esserci utile. Ma servirebbe un dettaglio ben più veritiero delle rassicurazioni di un gestore e della superficialità della politica attuale.
Esistono documenti piuttosto corposi che, compilati da più enti e grafici alla mano, dimostrano di raggiungere fino al 70% di recupero.
Il guaio vero e che ci raccontano fandonie anche in questo caso, visto che in quel recupero c’è persino un 60% di energia da incenerimento.
Il bello è che tale mistificazione è persino accettata di buon grado dalla politica. Peccato poi che la produzione di energia sia altamente remunerata e a pagarne le spese siamo noi in una bolletta diversa da quella dei rifiuti. Mentre la compagnia pubblico/privata incamera bonus e vil pecunia da plastica, carta, incenerimento, decarbonizzazione, vendita ceneri, non riconosce la minima parte a noi cittadini. I miliardi di euro delle azioni nel capitale sociale delle aziende in questione sono suddivisi in parte agli enti soci, regioni, comuni, poi alle figure societarie con azioni di borsa, che chiaramente non siamo noi.
Le fandonie sono virili, efficaci, studiate, travolgenti e apparentemente risolutive. In realtà l’unica cosa che manca è proprio l’attività della soluzione
Il bello è che sono proprio le multinazionali, le aziende e le imprese che inquinano di più a parlare di questi temi, non la Politica e neppure i cittadini. Non passa giorno che sui media, TV quotidiani e social, non arrivi un messaggio altamente solidale e condivisibile da parte di queste società. A nessuno però questo sembra sospetto. Risulta logico che impadronirsi dell’argomento è una chiara strategia per poter sviare ogni futura forma di tutela. Saranno loro i primi ad averlo detto…
Mentire diventa azione comune sempre meno grave, mano a mano che se ne fa uso, tanto che noi stessi siamo mentiti e convinti
Dov’è l’Etica Pubblica in tutto questo? Io ci vedo solo interessi privati soprattutto, poi voglia di nascondere il problema. Inoltre ci vedo il mantenimento di un potere partitico in mano a chi queste realtà gestisce e governa. Infine ci vedo il potere economico, il mito della crescita infinita.
Non ci vedo assolutamente sostenibilità, progresso e neppure cultura.
Vedo dell’immondizia nel pattume che scompare. Immondizia sociale. Solo che non è visibile. Nello stesso modo della fine che fa il rifiuto quando si disperde nell’aria incenerito. Quell’immondizia è sociale, insita nella nostra mente, farà certamente danni accumulandosi nelle generazioni.
Così come il piombo nei carburanti, che tanti ha fatto impazzire per decenni, poi è stato trovato ed il suo danno è diventato palese. Così anche queste incongruenze prima o poi saranno individuate.
Meglio prima che poi. Già alcune nostre azioni sono diventate quasi irreversibili, come i 14 milioni di tonnellate di plastica sui fondali oceanici.
Una situazione grave ma sconosciuta ai più
Comunque non c’è cosa che tenga che la Politica non voglia. Se avessimo voluto trovare soluzioni sarebbe già passata l’attualità che ne ha parlato per mesi. Greta Thunberg è stata bellamente ignorata, eppure ha mostrato denti e dati inequivocabili. Segno tangibile che la nostra civiltà è disinformata, non ha per nulla compreso la gravità della situazione.
Di certo alcuni danni tutto ciò li sta facendo già adesso, solo che non sono quantificabili perché impercettibili. Come puoi misurare l’ignoranza?
Puoi fare test di intelligenza, ma non di stupidità, non avrebbe senso.
Vivi, consuma, produci, crepa…
Attualmente è proprio così, facile e semplice, voluto, che: si compri, si usi e si getti.
Vivi, consuma, crepa, diventa il motivo in sottotono della nostra vita. Lo testimoniano le migliaia di offerte che troviamo vomitate tutte intorno a noi, con cui le economie globali ci tempestano quotidianamente dai media e dai social. L’informazione ci dice: “lavora, spendi e compra, sentiti ancora nell’inadeguatezza più assoluta, così lavori di più per comprare ancora. Se non sei convinto diventi fuori moda e socialmente sterile. Butta e dimentica, così ricompri senza remore o rimpianti.“
Invece che buttare dovremmo valorizzare, per iniziare ad uscire dal circolo vizioso della superficialità
Quella stessa voce, di informazione vomitata, non ci dice quanto siamo unici e irripetibili. Non ci sconfessa l’attuale negazione di noi stessi sostituita con il prodotto commerciale. Non ci rivela quale gioiello ci sia in noi, ci offre solo la potenzialità di consumatori e la goduria del momento, senza assaporarne i contorni. La vita relegata ad una cornice e non il quadro stesso.
Quanta superficialità emaniamo dalla nostra società ad un osservatore esterno?
Immaginiamo un formicaio e ricordiamo la nostra sensazione di stima e rispetto per creature così minuscole, operose e organizzate. Ora alziamo la nostra mente di un paio di livelli e guardiamo le nostre città con la consapevolezza che ci distingue… Vedete le montagne di rifiuti, lo smog, i mezzi da una tonnellata spostati con enormi quantità di carburanti velenosi per muovere una sola persona da un capo all’altro della città?
Ti lascio con lo spazio all’immaginazione. Abbandona questo testo per qualche secondo. Chiudi gli occhi e prova ad immaginare davvero la tua città. Ricorda i punti critici, gli incroci pericolosi. Le fabbriche. I rifiuti. Le soluzioni raffazzonate per ovviare ai problemi noti.
…
Vogliamo parlare dell’aver deviato la natura incanalando l’acqua per non disperderla e avere agiatezza e lusso? Invece abbiamo creato migliaia di perdite che provocano infiltrazioni, ossidazione, doline. Nel contempo abbiamo anche scarsità d’acqua perché le sorgenti ed i depositi non bastano più. Oltretutto costi ingenti, ma soprattutto vetustà degli impianti non più recuperabili se non con continue ‘pezze‘, leggasi continui costi per la comunità.
Abbiamo fatto quest’opera titanica e ora non siamo in grado di gestirla. Il 20% degli impianti di tubature è costituito da eternit, amianto, asbesto, comunque lo vogliamo chiamare è veleno mortale. Ma costerebbe troppo fare manutenzione, scavare le città cercando di scovare questa materia pericolosa. Perciò? Niente, quando capiterà sottomano un tubo in eternit ci guarderemo… Siamo così, belli come il sole!
A proposito: l’acqua pubblica?
Ricordiamo il referendum sull’acqua pubblica, in cui il 97% degli italiani decise che ogni proprietà relativa all’acqua sarebbe dovuta tornare ai cittadini.
Lo ricordiamo forse con dolore, perché in realtà “ad oggi non si è potuto fare ancora nulla”. Chiaramente il sospetto è che quella parte di interessi non voglia mollare l’osso, ma sicuramente erriamo.
Infatti la politica ci ha comunicato a chiare lettere che “mantenere gli impianti sarebbe troppo oneroso per la comunità”, quindi la lasciamo in mano a questi filantropi che già se ne occupano.
Quale specchiatezza morale. Quali magnati esistono nella nostra società. Piccoli soci privati in partecipate pubbliche che, rispetto al lavoro che offrono alla cittadinanza e dell’acqua che porgono agli assetati, non vogliono quasi niente in cambio.
Vogliono solo che il pubblico paghi i costi e il privato si tenga gli utili.
Noi altrettanto magnanimi come potevamo non concedere pegno a sì tanta grazia e divinità. Loro sono infatti come Dei, ci donano l’acqua. Noi poveri umani dobbiamo ringraziarli come possiamo.
Da tutto questo sembra che il male sia tutto intorno a noi, incarnato. Sembra non esserci soluzione…
Spaziando con la mente troviamo tante altre incongruenze a cui siamo splendidamente abituati, ma le soluzioni sembrano non esserci mai state.
Apparentemente non ci sono perché abbiamo smesso di farci delle domande. Non so quando sia successo ma è accaduto.
Presentiamoci pure qualche questione e rispondiamoci.
Le soluzioni non sono presenti perché non esistono o perché non vogliono essere affrontate dato che non generano reddito, leggasi economia alle grandi realtà?
Quale palco di interesse può esserci a fare una raccolta differenziata porta a porta con tariffa puntuale? Nessuna, perché ne beneficerebbe il popolo. Così invece è comodo avere una Trinità esattoriale, che gira gli introiti in unica fattura a chi non deve apparire: Comune/Regione/Stato. La loro unione sembra sia Agenzia Entrate, invece è perlopiù Privato/Stato.
Che senso avrebbe riempire la città con pannelli fotovoltaici in tutti i tetti delle case, così da generare veramente milioni di posti di lavoro? Nessun senso apparente, visto che questo non favorisce le grandi economie. Da chi compreresti l’energia se te la fabbrichi da solo?
Domande e risposte sono intorno a noi, coglierle e trovare una soluzione è etica pubblica, alias Politica.
Il 99,99% delle persone alla parola politica riceve un senso di noia. Spassionati da decenni di falsità, bufale e prese in giro, non crediamo più a qualcosa che non ci rappresenta. Che non lo ha mai fatto per decenni dicendoci che invece ci stava tutelando.
Oggi che il Re è nudo ci schifa un po’ parlare delle sue mutande, ma abbiamo ragione. Perché?
Il problema è che siamo noi a catturarne questo messaggio, i media a propinarcelo o il mercato ad offrircelo?
No, nessuno dei tre, il problema é la politica che si rifiuta di intervenire, proprio perché deve fare gli interessi delle singole parti, con sprazzi di attualità, non del tutto quanto nell’insieme.
Tutto così diventa senza più valore e facendo a questo modo, alla lunga, l’atteggiamento si riflette in ogni ambito del nostro piccolo mondo e si applica a tutte le cose che ci circondano, fino alle emozioni ed ai sentimenti.
Gettare e passare ad altro: rinunciare. Invece che riutilizzare: riciclare.
Comunisti capitalisti o Destrorsi sinistrati
Come vogliano definirsi non conta, ciò che si palesa come risultato di tutta questa evoluzione politica è sotto gli occhi di tutti, basta aprirli.
La politica, volutamente in minuscolo corsivo perché da non confondere con la Politica, è rappresentata oggi con la copertura di interessi. Quella stessa filosofia che una volta si reggeva nei feudi. Se ci confrontiamo con il medioevo notiamo che stiamo pagando tasse per servizi farlocchi o inesistenti. Mentre quelli veri (strade, strisce pedonali, illuminazione, sicurezza) li dobbiamo pagare e spesso per averli sono i Comuni stessi a dover fare mutui decennali. Chi non ci crede dovrebbe fare un giretto nell’albo pretorio della propria città di residenza, quindi visionare gli atti relativi di giunta e consiglio.
Nell’odierno la politica è a vantaggio di un potere costituito dalle multinazionali e a discapito delle masse. Nel nostro piccolo, gli enti locali, si tutela non il piccolo imprenditore che crea nuova ricchezza, ma i beni tassabili, le proprietà immobiliari.
Un controllo economico delle masse, perché la verità è che se fossimo tutti benestanti faremmo 10 figli a testa come un secolo fa. Un grave problema per la sovrappopolazione, pensano loro.
Divide et impera
Così, mentre il mondo viene separato in gruppi, caste, divisioni, etnie, appartenenze, generi, intanto i gruppi organizzati approfittano della situazione. Dividono proprio con lo scopo di poter operare mentre ci scanniamo a vicenda. Certo, è una pratica insita nell’animo umano, ci mancherebbe che non fossimo almeno un pelo polemici e dubitanti, ma spesso ci orientiamo a criticare la cosa più facile, quella che conosciamo.
Così, mentre noi litighiamo per piccole cose attuali, questi fanno man bassa nelle tasche di tutti.
Compresi tra i tutti ognuno di noi, ma specialmente chi si atteggia a destroide/sinistroide. Proprio perché questi per primi hanno accettato di farne parte, hanno abbracciato totalmente una sola linea di pensiero e non tutte, quindi sicuramente li troviamo li con tutti gli abbonamenti possibili ed immaginabili ai servizi della loro appartenenza. Qualcuno ha provato a definire queste come caste, ma di casto in effetti non hanno nulla 😀
Il bel paese: fotografia di una politica degli interessi
In questo paese, l’Italia, la situazione è ancora più grave di quanto potrebbe sembrare. Nel regno in cui nacquero le banche e l’economia religiosa, al pari delle arti e del genio, vigono oggi strumenti di controllo del potere. Questi strumenti sono tali da permettere di regnare indisturbate le grandi entità economiche, creando leggi e operatività ad-hoc. Perché il potere è più facile da gestire se a comandare sono pochi.
Non è un caso che tutte le multinazionali siano anche qui, come lo sono nei paradisi fiscali in Irlanda, Olanda, Lussemburgo. Solo che a differenza degli altri paesi qui non siedono unicamente di fianco al Re, come paggi, giullari, condottieri e ciambellani. No, qui sono effettivamente il Re stesso. Ognuno comanda a condizione della propria disponibilità economica.
Nei paesi in cui esiste una vera foggia di Reali, un Re o una Regina devono rispondere delle loro scelte e degli editti. Lì esiste più liberalità e maggior controllo. Esiste una legislazione messa a più dura prova e un rispetto maggiore del singolo a fronte di un potere –comunque ampio– delle compagnie, delle multinazionali, delle lobbies e dei gruppi di potere.
Intanto, a qualche migliaio di chilometri da qui
In altri paesi esiste una cosa chiamata onore, per noi inconcepibile, che porta un politico a dimettersi alla prima ombra sul suo operato.
Questa virtù si propaga dalla popolazione, è proprio una questione culturale. Non puoi governare con l’onore macchiato, al pari del non puoi vivere in situazione di degrado nella società, devi essere aiutato.
In questi paesi esiste evidentemente un minimo di responsabilità in più nelle persone. Forse sono maggiormente dotate di quella sensibilità del non fare agli altri quello che non vorresti venisse fatto a te.
Da noi, invece, continuano a farlo fino a che non intervenga il magistrato.
Questo coincide di solito con l’ultimo grado di giudizio, l’appello.
Tutto questo non vale solo per le grandi società. Questo è il male incarnato, il cancro del nostro paese
Facciamo un chiaro esempio. Un tipo di attività che ha fiorito negli ultimi 40 anni ed oggi sta mostrando le sue rughe. Una discoteca.
Mettiamo questo tipo di attività, una a caso che ha già colpito la società, vendendo ad esempio alcool ai minorenni.
Pur nonostante i diversi casi di coma etilico con minori coinvolti, può rimanere aperta e operativa per anni.
-Come può essere possibile questo?- dirà il più svizzero di voi…
Ecco la realtà italica
In virtù della forza lavoro impiegata (interverranno sindacati e associazione di categoria in sua difesa).
Idem, ad opera delle società collegate come l’impresa di pulizie, i fornitori di liquori e allestimenti, i dipendenti a partita IVA, ecc. Ci sarà sempre l’intervento di una terza parte in gioco.
Questo perché nel nugolo di persone che vi gravita intorno ci sarà sempre qualcuno che è portatore di interessi. Quindi qualcun altro che è ricevitore di questi interessi.
Qualora tutto questo non basti c’è sempre la politica, quella solita delle parti. Basta un’interrogazione in consiglio e qualche altro mese di attività è garantito, le indagini sospese.
Nel momento in cui -davanti all’evidenza dei fatti- anche l’opinione pubblica dovrà piegarsi e la magistratura intervenire, ci sarà un “magheggio“. Infatti, basterà fondare una nuova società e affittare gli stessi medesimi locali con le stesse persone e attrezzature, gli stessi fornitori e dipendenti.
Un piccolo universo inestinguibile. Interessi contro il singolo.
Esempi di un paese allo sbando
Limitiamoci in questo caso agli esempi più pratici e umili. Qual’è il paese che consente una tassazione separata esterovestita delle multinazionali?
Qual’è il paese in cui si può avere una fiscalità forfettaria basata sui volumi di entrate?
Qual’e il paese in cui una piccola lobbies come quella dei tassisti può impedire l’ingresso di un colosso mondiale come Uber?
In quale altro paese i sindacati hanno perso ogni potere ma percepiscono comunque lauti compensi alla luce del sole e poi chiedono agli utenti di associarsi quando questi hanno necessità dei loro servizi?
Serve un cambio totale del paradigma sociale, non rivoluzione e neppure evoluzione, serve subito Etica Pubblica
La lista di esempi sarebbe molto lunga e farebbe sobbalzare dalla sedia anche il più distratto, servirebbe però a stabilire il dato di fatto, acclarando ulteriormente la situazione. Cosa che non sarebbe auspicabile fare.
Dire che noi italiani siamo così speciali non farà altro che renderci ancora di più particolari.
La politica oggi
Ecco a cosa ci ha portato la politica, si è ridotta fino a giungere al compromesso totalitario, alla globalità di intenti del denaro e al consolidamento di un potere estremamente politicizzato.
Non esiste più la Politica delle piazze, la discussione è rimandata, oggi il merito è prettamente economico, mentre il valore insignito dal presidente della repubblica si limita alla medaglietta da appuntarsi sotto il bavero. Oggi la politica è un leader che parla alle piazze con un microfono e 40k watt di potenza, oppure da un salotto televisivo senza un reale contraddittorio.
Chi nega tutto questo si è fatto abbindolare dai media e dai poteri di cui è schiavo.
Un Re nudo mostra le sue vergogne;
· Il Socialismo di Sinistra porta al comunismo, quindi al totalitarismo;
· Il Capitalismo di Destra porta al Fascismo, quindi al totalitarismo.
Voi, entrambe, odiate i Moderati, i Liberali, gli Ambientalisti, perciò vi create i vostri ibridi impuri che nel giro di una legislatura —per forza di cose— crollano sul peso di loro stessi, delle loro azioni.
Quello che serve é in antitesi con l’umana convinzione di essere gli unici nell’universo. Piccoli quanto meschini portatori di un interesse ancora più piccolo e nascosto tra le pieghe della nostra modesta realtà di vita.
Ora. Ribaltiamo tutto. Se il problema è la rappresentanza delle parti al governo, perché non eleggiamo 60 milioni di governatori, senatori, parlamentari, uscieri e portaborse, così che ognuno possa finalmente dire la sua, proprio come al bar… ognuno vuole favorirsi e perorare la propria causa? Bene ecco la soluzione, farsi eleggere, senza limiti di sorta e con tutto il mandato del resto del popolo sovrano con 2 giorni in parlamento ognuno risolverà il proprio personale problema. Negli altri 1800 giorni ci penserà qualcun altro a governare.
Poi in futuro ci saranno altri a risolvere i problemi creati dai 60 milioni di editti.
Chissenefrega!
Il problema vero oggi è che la macchina si è incagliata. La politica ha fallito.
Il Re è nudo! Mostra le sue vergogne, si è dimenticato cosa sia la Politica. L’Etica Pubblica è divenuta Pubblico Ludibrio.
Le ruote annaspano nella sabbia, la stessa sabbia che si è infilata negli ingranaggi e non ci fa andare avanti, ma neppure indietro.
Siamo praticamente al punto di non ritorno, ma c’è ancora qualcuno pronto a difendere la sua ap-parte-nenza.
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