Questo articolo è la seconda parte di « trivelle nell’adriatico: un’opportunità o un disastro annunciato? »
Mentre da un lato abbiamo una politica che si sbraccia nel rassicurarci, dall’altra decine di articoli ed esperti ci avvisano di quale enorme problema ci sia con le trivellazioni.
Un possibile disastro chiamato #NoTriv: impianti per trivellazioni per estrazione di idrocarburi in Italia sono il 1.200% più pericolosi che in Algeria, in Yugoslavia, in Turchia, in Tunisia, in Libia o in Marocco…. il 300% più pericolosi che in Francia, in Spagna, in Grecia o a Malta…
Da un’indagine documentale, eseguita presso la comunità europea, saltano fuori dati impressionanti in relazione al numero di incidenti avvenuti in Italia rispetto agli altri paesi, nonostante il numero esiguo di impianti di estrazione esistenti.
Premetto che, come chi già mi legge lo sa, è mia premura cercare e trovare dati certi, analizzarli e poi trarre le conclusioni sulla base di questi, ma soprattutto rendere disponibili queste informazioni affinché ognuno si faccia la sua opinione.
Cosa potevo fare per capire l’impatto che possono avere le trivellazioni e gli idrocarburi, se non cercare fonti di informazioni dove questo tipo di opere è svolto da decenni, da professionisti, in forma massiva?
Ho quindi usufruito dell’aiuto dell’europarlamentare Marco Affronte e del suo staff, che ringrazio ancora, per aprire un accesso agli atti in Europa. Lo scoglio iniziale è stato definire cosa esattamente cercare nella miriade di combinazioni di informazioni possibili e soprattutto sperare che ciò che si richiedesse fosse poi effettivamente disponibile.
Ho concluso che la migliore ipotesi fosse poter recuperare la casistica di incidenti avvenuti con l’estrazione di idrocarburi, quindi applicare la formula ad un incremento delle trivellazioni italiane e della produzione di estratti del sottosuolo.
Meraviglia! il metodo ha richiesto meno di 15 giorni! Un record di efficenza a cui l’Europa è abituata, ma un italico come me ha difficoltà a ricordare nei meandri della burocrazia italiana, dove possono essere necessari anche anni per un accesso agli atti, sebbene la legge impone che non si superino i 60 gg.
Stupore! I dati che avevo richiesto erano effettivamente tutti lì, in forma leggibile, corredati di studi scientifici, grafici, risultati, paragoni, medie e statistiche.
Terrore! Il risultato era proprio il peggiore che si potesse ottenere. Il panorama che si apre sta tra una voragine disastrosa su un territorio distrutto, con miliardi di euro di danni ed una insanabile devastazione ambientale. In pratica il peggior problema che può capitare non è una semplice perdita o errore umano, che può sversare qualche tonnellata di materiale estratto o semilavorato nel nostro territorio, ma una sequela di incidenti a catena che, sulla base di uno storico applicato al nostro ambito, diventano un fatto certo e non evitabile.
Il risultato – riassunto riassunto e super stringato – è stato questo.
Dai documenti che si possono visionare, citati più sotto, ho estratto i 3 grafici visibili qui. Ne introduco 3 estratti da uno dei PDF come monito alle trivellazioni perché sono quelli più significativi. In pratica noi italiani siamo quelli che fino ad oggi hanno sfruttato pochissimo il sottosuolo, se rapportati al resto d’Europa e del mondo, ma l’esser stati così poco impegnati è un bene, perché siamo stati ugualmente fonte di tanti guai, in misura maggiore rispetto al resto del mondo. Guardiamo l’ultimo grafico e immaginiamo: se l’Adriatico, il Mediterraneo e alcune regioni venissero affidate a società di lucro per l’estrazione di gas e oli, quale potrebbe essere il risultato sulla base dello storico? La risposta è agghiacciante.
Ecco, analizzata tutta la mole di dati fornita, direi che il più significativo degli allegati è risultato per me essere questo, da cui ho estratto i 3 grafici di cui sopra.
La fonte dei dati per l’analisi fornitami dall’accesso dati europeo è questa;
- Impatto degli incidenti nella trivellazione di olio e gas in Europa – (THE IMPACT OF OIL AND GAS DRILLING ACCIDENTS ON EU FISHERIES) da cui estraggo questa notizia: « 6.269 incidenti si sono verificati in unità fisse e 3.436 in unità galleggianti nel periodo 1990-2007. Questi valori rappresentano una riduzione del numero di incidenti esaminati per il periodo precedente 1980-2007 (7.312 e 4.112)»
Riassumendo quanto si traduce, fanno più di 9.700 incidenti avvenuti nella sola Europa tra il 1990 ed il 2007, in riduzione rispetto agli oltre 11.400 incidenti avvenuti tra il 1980 ed il 2007.
Ora mi sembra tantino come numero di incidenti avvenuti per poco più di 1 milione di tonnellate tra gas e oli (1.007.180) dall’anno 1967 ad oggi ( il prodotto totale dell’estrazione petrolifera in Europa in quasi 50 anni ). Ma la punta di questo primato spetta all’Italia che ha collezionato ben 1.300 incidenti durante le trivellazioni (perdite, esplosioni, sversamenti, ecc.) in 20 anni, per una media di circa 5.000 tonnellate di greggio e 10.000 m³ di gas prodotti annualmente.
Tutto questo per una royalty che va dal 4% al 7% degli incassi delle società con autorizzazioni estrattive girata allo stato ed un fondo riduzione prezzo carburanti e gas che va dal 1% al 3%, così un’aliquota per ambiente e sicurezza del 3%.
Numeri veramente troppo bassi per giustificare una mole di incidenti così importante. Possibile che dobbiamo per forza far parte sempre dei primati peggiori? - EU energy in figures: pocketbook 2014, Eurostat, p. 71 del documento PDF. Questo documento fornisce il numero di imprese del settore di estrazione del petrolio greggio e del gas naturale, svela le imprese impegnate nel nostro territorio e ci permette di scoprire quali di queste siano effettivamente italiane e non italianizzate. Amara sorpresa sapere che pochissimi italiani hanno in mano questa economia.
- Secondo la Comunità Europea, oltre il 90% del petrolio e oltre il 60% del gas prodotto in Europa (UE e Norvegia) viene da operazioni offshore (esplorazione e sfruttamento). Molte operazioni offshore sono in corso nelle acque territoriali di 11 Stati membri. Inoltre, alcuni altri Stati membri prevedono di avviare attività di perforazione in un prossimo futuro. In totale, più di 1.000 impianti offshore che operano in acque europee (tra cui la Norvegia). Ci sono più di 6.000 pozzi in Europa, di cui più di 400 dei quali in acque italiane e spagnole.
Impact assessment accompagna il documento Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza delle attività offshore di prospezione di petrolio e gas, esplorazione e produzione, SEC (2011) 1293 def, Bruxelles, 27.10.2011, p. 11 del file PDF; per visualizzare ulteriori informazioni su impianti offshore in Europa vedere il documento: SEC(2010) 1193 final, p. 4 - Vedere anche: Civil Liability and Financial Security for Offshore Oil and Gas Activities, Maastricht European Institute for Transnational Legal Research, 2013, p. 31
- Secondo lo studio del JRC [JRC Science Hub – European Commission] fino ad ora non vi è alcuna base di dati a livello europeo per raccogliere e condividere i dati sugli incidenti e altri eventi relativi. Ci sono molti database in diversi Stati membri dell’UE che sono stati sviluppati principalmente per requisiti legislativi e che raccolgono di solito i dati di incidenti nella piattaforma continentale del loro paese. Fortunatamente gli incidenti avvenuti in Italia sono catalogati nei database dei paesi delle società che curano gli impianti, altrimenti non ne sapremmo nulla, perché, sia chiaro, noi non abbiamo una registrazione delle casistiche ufficiale e pubblicamente accessibile.
- In: Safety of offshore oil and gas operations: Lessons from past accident analysis [Sicurezza delle operazioni petrolifere e di gas offshore: Lezioni da analisi degli incidenti passati], Michalis Christou e Myrto Konstantinidou, JRC, 2012, p. 9, forniscono una panoramica dei database e delle fonti di dati identificati.
- Alcuni dati e statistiche sono disponibili nel capitolo Recent history of offshore oil and gas accidents [La storia recente di incidenti petroliferi e di gas offshore], in: The impact of oil and gas drilling accidents on EU fisheries [L’impatto degli incidenti di perforazione di petrolio e gas in materia di pesca dell’UE]: nota richiesta dalla commissione del Parlamento europeo per la pesca, Cristina Gómez, David R. Green, Aberdeen Institute for Coastal Science and Management, University of Aberdeen, Scotland, December 2013, p. 24
Impossibile pensare che questi politicanti abbiano permesso la proliferazione di impianti, prospezioni, trivellazioni ed altri possibili danni al nostro territorio.
Eppure lo #SbloccaItalia è li a confermarlo.
I possibili danni, è una parola evidenziata in grassetto perché “possibili” da sola non rendeva sufficientemente, in realtà sono certi, sicuri e garantiti, visti i dati di cui sopra, inoltre è realistico affermare che sarebbero ingenti.
Anche se il grafico degli incidenti può apparire in leggera discesa, stanno confrontando un Oceano Artico e un Oceano Atlantico con un Mar Mediterraneo o peggio con il Mare Adriatico, con profondità e possibilità di “lavaggio” nettamente minori. Probabilmente un solo incidente serio potrebbe essere letale per l’Adriatico.
Fine dei giochi, le trivellazioni alla ricerca dello scisto (sabbia sporca di petrolio presente nell’Adriatico), è sicuramente una fonte economica per le aziende che intendono rischiare nel nostro mare, ma indubbiamente è una certezza di disastro ambientale per tutti noi che di questo mare ci nutriamo direttamente o indirettamente.
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