Come funziona il giornalismo?

Come funziona il giornalismo?

Da punto di vista strettamente giornalistico, la scala gerarchica in un giornale è la seguente: al vertice della piramide c’è il direttore responsabile; cui segue un vice direttore; il capo redattore; i capi servizi i quali, dal punto di vista della qualifica e della retribuzione di base, sono equiparati il capocronista e gli inviati; i redattori e i grafici, questi ultimi infatti sono a tutti gli effetti giornalisti professionisti; infine i praticanti.

Relativamente alle mansioni giornalistiche vere e proprie, invece, si individuano: il redattore; il cronista, nella duplice accezione di cronista estensore e di cronista reporter; il cronista giudiziario; il corrispondente; l’inviato speciale; il fotoreporter.

A seguire le definizioni, i compiti e le deleghe di ogni figura giornalistica professionale. Questa non è una regola onnivalente su cui viene basata ogni redazione, ma un indirizzo generale di un organigramma completo. Esistono realtà così grandi o così piccole che chiaramente permettono il subentro o la coincidenza di più ruoli diversi.

Direttore responsabile

È il deus ex machina del giornale. Ha poteri molto estesi per ogni aspetto della vita del giornale, dalla sua impostazione generale alla fase di esecuzione. Al direttore di fatto spetta sempre l’ultima parola, la decisione definitiva. Dal punto di vista contrattuale, egli ha la competenza specifica ed esclusiva di impartire ai redattori le direttive politiche e tecnico-professionali per lo svolgimento del lavoro, di stabilire le mansioni di ogni redattore, di dare le disposizioni necessarie al buon andamento del servizio, di fissare orari di lavoro (nei limiti contrattuali), di proporre l’assunzione di redattori o il loro licenziamento.

Il direttore può intervenire in qualsiasi momento e con ampi diritti sulla stesura degli articoli, sui titoli, sull’impaginazione. Il direttore responsabile è il solo garante della linea politica del giornale e risponde di essa personalmente all’editore. Infine, il direttore è “oggettivamente” responsabile di tutte le cose che il giornale pubblica. Anche per l’aspetto penale, unitamente all’autore materiale dello scritto. L’attività del direttore responsabile non è legata ad orari precisi. Una volta che ha partecipato alla riunione generale di impostazione e che ha assicurato la sua presenza nei momenti cruciali del pomeriggio, il direttore esercita la sua attività essenzialmente all’esterno: deve, cioè, avere una fitta rete di relazioni con gli ambienti politici economici, sindacali, culturali in modo da essere tempestivamente informato sugli avvenimenti della vita del paese, cui applicare la linea di cui il giornale si fa in definitiva portatore.

Vicedirettore

Come si è visto, nel corso degli anni la figura ed il ruolo del direttore si è andata progressivamente modificando. Il direttore responsabile, ormai, partecipa e dirige soltanto le principali riunioni che si svolgono in redazione ed è consultato su ogni fatto importante che accade; ma, una volta presa la decisione di carattere generale, lascia l’esecuzione pratica allo staff dei suoi diretti collaboratori. E venuta perciò consolidandosi sempre di più all’interno della redazione una nuova figura un tempo inesistente: quella del vicedirettore (o anche di più vicedirettori, di cui uno, magari, “vicario”) che assolve a funzioni di supplenza per fronteggiare la complessità della vita di un giornale moderno.

Caporedattore

Assolve ad una delle mansioni chiave del giornale: egli è praticamente il tramite e la cerniera decisiva tra direzione del giornale e redazione. Il caporedattore è colui che ha contatti frequenti e diretti con il direttore (o il suo vice) e, a sua volta tutti i capiservizio, i collaboratori, i corrispondenti fanno capo a lui (di qui il nome, redattore capo, appunto). Si dice, in genere, che il caporedattore è colui che fa effettivamente il giornale; è il vero fulcro della redazione, intorno al quale si muove tutta la macchina, o, come pure si dice, “l’uomo macchina”.

Compito del caporedattore, infatti, è quello di garantire il funzionamento generale della redazione e la fattura del giornale nelle fasi salienti della giornata, che sono, come si è visto, tre: impostazione generale del giornale, sua realizzazione, uscita tipografica. Il caporedattore, per il suo ruolo, deve conoscere perciò perfettamente tutte le fasi della lavorazione e la tecnica del mestiere: impostazione grafica e tipografica, avere minuto per minuto disponibilità del corpo redazionale, conoscenza delle competenze e delle attitudini individuali dei redattori, i tempi di realizzazione del giornale..

Il caporedattore in perfetta sintonia con il direttore, di cui gode fiducia piena, è un perfetto organizzatore, ma deve possedere anche precise qualità: senso della notizia, rapidità di decisione, gusto e fantasia, senso dell’attualità e della tecnica. Il caporedattore partecipa a tutte le riunioni importanti della giornata. In più, una volta varato il timone generale, convoca brevi riunioni differenziate dei capiservizio per la distribuzione dei compiti, si incontra con il caposervizio dell’ufficio grafico e con i fotografi, concorre in maniera determinante alla titolazione e alla definizione precisa dell’impaginazione del giornale, distribuisce ai vari servizi la pubblicità da inserire nelle rispettive pagine, oltre che gli articoli. Ancora, riadatta i menabò col variare delle notizie, stabilisce le precedenze di chiusura in tipografia, controlla le pagine mano a mano che vengono chiuse e licenziate. Nei grandi giornali, per la quantità di lavoro, in genere esiste un vero e proprio ufficio del redattore capo, con più vice o sostituti.

Caposervizio

Sfogliando i giornali moderni si può facilmente notare che dal punto di vista della lettura essi sono suddivisi in settori, ognuno dei quali, composto da una o più pagine, in genere è scandito da una testatina (o anche un logotipo) in alto sulla pagina INTERNI, ESTERI, ECONOMIA, SPETTACOLI, SPORT, eccetera. Ovviamente ogni giornale ha una sua particolare impostazione, sia dal punto di vista della sequenza, che della quantità di spazio (pagine) a ciascun settore dedicato. Tecnicamente questi settori, come si e visto, si definiscono “servizi” e sono affidati alla responsabilità di un capo, che coordina appunto il lavoro di un certo numero di redattori assegnatigli dal direttore. Il caposervizio, dunque, ha la responsabilità di un particolare settore affidatogli e quindi un’autonomia di decisione nel suo ambito.

Egli, infatti, stabilisce la gerarchia delle notizie da passare nelle pagine destinate alla sua sezione e partecipa alle riunioni dello staff direzionale .Va ricordato che il lavoro del caposervizio non può essere avulso dal contesto generale del giornale, sicché un avvenimento di cronaca di rilievo può tranquillamente diventare parte principale della prima pagina. Il caposervizio, perciò, si coordina sempre con il caporedattore a cui segnala continuamente il “piatto” forte della sua “cucina”.

Redattore

È un giornalista professionista assegnato ad un particolare “servizio” del giornale con compiti di “cucina” o anche di semplice scrittura. Nella sostanza al redattore spetta il compito di “passare” gli articoli dei collaboratori esterni in composizione, di titolare, scegliere e predisporre le didascalie alle foto, di aggiornare i “pezzi” sulla scorta dei “take” delle agenzie di stampa, di fare il “giro di nera”, di redigere resoconti e notiziari.

In rapporto al contratto di lavoro, poi, va detto che si distingue un redattore di “prima nomina” da un redattore “con oltre 30 mesi di anzianità professionale”. La differenza, ovviamente, oltre che nella maggiore o minore esperienza professionale consiste nella retribuzione. Va da sé che nei piccoli giornali, in particolare i giornali cosiddetti locali, diffusi cioè in ambiti territoriali ridotti e circoscritti (una città, una provincia), le differenze tra “qualifiche” e, spesso, perfino le qualità professionali tendono a sovrapporsi se non ad annullarsi. Tuttavia, un giornale senza un minimo di gerarchia interna è pressoché impensabile.

Giornalista-praticante

Recita così l’articolo 35 del Contratto nazionale di lavoro giornalistico: « Presso i giornali quotidiani, presso le agenzie di informazioni quotidiane per la stampa a diffusione nazionale, presso i periodici a diffusione nazionale, possono essere assunti come praticanti coloro che abbiano i requisiti previsti dagli ordinamenti della professione giornalistica, in ragione di un praticante su dieci redattori o frazione di dieci fino a cento redattori, e in ragione di un praticante ogni venticinque redattori o frazione di venticinque al di sopra dei cento redattori ».

Normalmente, è questo il primo gradino (essere assunti, cioè, da un’azienda editoriale con la qualifica di “praticante”) per diventare giornalisti professionisti. Ovvero, per poter sostenere, alla fine di diciotto mesi di “praticantato”, l’esame di abilitazione professionale. Questo, dicevo, nella norma, ma sempre meno nella sostanza. Infatti, l’uso invalso presso le redazioni, soprattutto quelle dei piccoli giornali di provincia, ha finito per introdurre un percorso diverso per l’accesso alla professione.

E potremmo aprire un capitolo, su questo aspetto, che presenta talvolta risvolti umani e sociali drammaticamente patetici, ma ve lo risparmio. Quel che  conta sapere, invece, questo sì, è che sempre l’articolo 35 del Contratto recita: « Ai fini della più compiuta formazione professionale il praticante sarà impiegato a rotazione in più servizi redazionali ed affidato alla guida di un capo  servizio o di persona dallo stesso delegata ».

Grazie, infatti, anche al ricorso sempre più frequente al giudice del lavoro da parte di giovani aspiranti, il “praticantato” è stato ormai sostituito dal fenomeno cosiddetto di “abusivismo”, ovvero dall’esercizio non canonico della professione giornalistica presso una redazione. In altri termini, “in nero”, senza un  regolare contratto di lavoro.

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